Una parte importante del suo lavoro è indissolubilmente legata a Benetton dove l’opera di Toscani ha contribuito in modo determinante al successo del brand. In vent’anni di collaborazione, a partire dagli anni 90, le pubblicità di Toscani hanno definito un nuovo rapporto tra brand e prodotto. Se prima il brand era visto come un attributo del prodotto, con Toscani il brand acquista autonomia, tanto da diventare il baricentro della comunicazione. Anche visivamente il prodotto scompare dalle pubblicità per lasciare spazio alla trattazione di tematiche che avevano poco a che fare con quelli che erano gli standard di allora della comunicazione commerciale. Aspetti come la guerra, la morte, la malattia, il razzismo, l’educazione sessuale, l’amore, la pace tra i popoli diventano l’oggetto delle campagne di comunicazione fatte principalmente attraverso immagini stampate in grandi manifesti (billboard).
Siamo agli albori di Internet ma Toscani intuisce che la comunicazione si fa soprattutto con gli altri ovvero con la capacità di coinvolgere i mass media nell’amplificazione del messaggio iniziale. La provocazione era la chiave per innescare questo processo. Le immagini estreme che usava spesso Toscani toccavano nervi scoperti della società di allora (in parte lo sarebbero ancora oggi). Non era affatto raro che le campagne pubblicitarie di Benetton finissero al telegiornale con toni scandalistici.
In questo senso, il lavoro di Toscani è diventato un po’ uno spartiacque in merito alla legittimità di un brand commerciale non solo di intervenire in ambito politico e sociale ma anche di proporre una propria visione a riguardo. Il risultato è che il brand Benetton non vendeva più solo maglioni colorati ma veniva percepito come promotore di valori e proposte innovative.
Se oggi si parla molto di purpose nella comunicazione di marca forse qualcosa lo dobbiamo proprio a Toscani che con grande anticipo aveva iniziato ad esplorare questa frontiera.